Cassa integrazione in deroga: una partenza in salita

 

La circolare dell’INPS del 28 marzo 2020, n. 47 prova a fare chiarezza su quanto disposto dall’art. 22 del decreto Cura Italia relativamente alla cassa integrazione in deroga. Stabilisce che l’accordo aziendale, oltre a quello “quadro” regionale, per accedere all’ammortizzatore sociale è necessario per ciascun datore di lavoro che occupi più di 5 dipendenti. Ma per i lavoratori ricevere dall’INPS il pagamento dell’assegno CIG sul conto corrente entro il prossimo 15 aprile? È matematicamente impossibile. Una soluzione potrebbe arrivare dal sistema bancario.

Gentili Clienti,

Per la cassa integrazione in deroga si prospetta una partenza complicata, anzi complicatissima. Anche dopo la circolare illustrativa dell’INPS del 28 marzo 2020, n. 47 . Le difficoltà nascono in primo luogo dalla formulazione ambigua della norma del D.L. n. 18/2020 (Cura Italia), che all’art. 22 non chiarisce se sia necessario o meno l’accordo aziendale, oltre a quello “quadro” regionale, per accedere all’ammortizzatore sociale e “dimentica” le aziende commerciali con più di 50 dipendenti.

Resta, inoltre, irrisolta la criticità del pagamento diretto, cioè dell’impossibilità per il datore di lavoro di anticipare il trattamento e conguagliarlo con i debiti correnti verso l’Istituto.

L’accordo aziendale

L’INPS conferma che l’intesa è necessaria per ciascun datore di lavoro che occupi più di 5 dipendenti: non basta, quindi, attendere l’accordo quadro stipulato tra la regione e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, ma occorre sottoscrivere un distinto accordo aziendale per la gestione dell’ammortizzatore sociale. L’INPS, fortunatamente, sostiene la tesi secondo la quale l’iter si considera compiuto con la finalizzazione della procedura di informazione, consultazione ed esame congiunto: pertanto, decorso il termine di tre giorni dall’informativa senza che l’accordo sia stato raggiunto, la procedura si intende comunque perfezionata e il datore di lavoro può presentare la domanda.

Purtroppo, però, i primi accordi quadro regionali hanno variamente interpretato il citato art. 22 del D.L. n. 18/2020, personalizzando e complicando criteri e procedure, dando vita così, come di consueto, al variegato quadro balcanico di regolamentazioni.

Sul punto è necessaria un’immediata rettifica, dal momento che invece l’INPS ha precisato che queste aziende accedono proprio solo alla cassa in deroga.

Il nodo del pagamento diretto e le soluzioni percorribili

Rimane comunque la principale criticità della cassa in deroga: l’indennità è pagata direttamente dall’INPS al lavoratore, senza che il datore di lavoro possa anticipare il trattamento per compensarlo successivamente con i debiti contributivi correnti verso l’INPS.

Dati questi presupposti, forse solo il sistema bancario può alleviare il problema della mancanza temporanea di reddito che colpirà i lavoratori destinatari dei trattamenti in deroga, erogando anticipi o prestiti, come avvenne durante la crisi del 2008-2012. L’istituto potrebbe quantificare le somme dovute mensilmente al lavoratore attraverso i flussi trasmessi dal datore di lavoro e canalizzare i relativi pagamenti direttamente alla banca che ha erogato il prestito.